About me

Chi sono io? Un folle, un visionario, uno psicotico...ma anche un padre...son ciò che sono e ne son fiero. Se ti va di far sosta da queste parti e di andare oltre la scorza sei benevnuto, ma se sei qua per giudicare, pontificare, criticare senza proporre soluzioni alternative, calunniare, diffamare, seminare scontento e parlare alle spalle...cambia zona che qua il fuoco brucia.
Ho imparato che nella vita è giusto venire a compromessi, trovare punti di incontro, ma è anche giusto affrontare di petto certe situazioni ed eradicarle.
The choice is up to you



martedì 18 dicembre 2007

It's only faith

Questa l'ho recuperata da un altro blogger (http://blog.libero.it/liberatetutti/) e mi pare il caso di riportarla visto che in questi giorni l'argomento è ritornato a galla (tra l'altro l'ho rinominato nel post precedente :P). Buona lettura

Oggi è una giornata particolarmente triste per il mondo laico. Come ha puntualmente riportato il quotidiano L’Unità, in Senato è stata respinta una proposta di legge che tendeva ad imporre alla Chiesa Cattolica l’obbligo di pagare l’ICI (Imposta Comunale sugli Immobili) per i locali di sua proprietà che svolgono attività commerciali.
Accursio Montalbano, Roberto Barbieri, Gavino Angius, i tre senatori della Costituente socialista, presentano un emendamento che prevede di far pagare l’Ici sugli immobili di proprietà della Chiesa che svolgono un’attività commerciale. Il relatore invita al ritiro «perché non è opportuno affrontare adesso la materia»; Cdl compatta e Ulivo parlano di «discussione ottocentesca, di un elemento identitario dei socialisti che manderebbe agli italiani un messaggio di divisione». La sinistra dell’Unione nella dichiarazione di voto annuncia «un’astensione sofferta» per non turbare i delicati equilibri della maggioranza a palazzo Madama. […] L’emendamento non passa e trova solo 12 senatori favorevoli.
[Da L’Unità dell’8 Novembre 2007]
Contro questo emendamento hanno votato anche Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani e Verdi. A favore, solamente Socialisti e Radicali.
Perché la Chiesa Cattolica deve pagare l’ICI
Noi tutti, italiani e stranieri residenti in Italia, paghiamo l’ICI. La paghiamo sulle seconde case per le vacanze, sugli immobili adibiti a scopi commerciali e persino sulla prima casa. Paghiamo una tassa odiosa su un reddito che non possiamo percepire: il reddito “virtuale” assegnato alla prima casa. Paghiamo un sacco di soldi di ICI.
Ma la Chiesa Cattolica, in virtù di una norma applicativa del Concordato del 1984 (quello firmato da Bettino Craxi) non la paga.
La pagano le altre confessioni, a partire dalle Moschee dei circa tre milioni di Musulmani che vivono in Italia, ma non la Chiesa Cattolica. Basta mettere un Crocefisso in un negozio e dichiaralo “luogo di culto” e non si paga più una lira di ICI. Questa anomalia è talmente evidente e talmente difficile da giustificare da avere attirato anche l’attenzione della Comunità Europea che ora chiede conto all’Italia di questo incomprensibile privilegio concesso alla Chiesa cattolica (vedi: “Esenzione ICI” nelle Ultimissime UAAR).
Si ritiene che questo meccanismo permetta alla Chiesa Cattolica di non pagare allo Stato Italiano qualcosa come un miliardo di Euro all’anno. Questa cifra elevatissima non deve stupire: grazie ad una secolare tradizione di raccolta di donazioni da privati, la Chiesa Cattolica è tuttora di gran lunga il più grande proprietario immobiliare italiano.
Noi paghiamo dieci Euro su ogni richiesta di analisi che presentiamo alla nostra ASL ma la Chiesa Cattolica non paga una lira di ICI per gli innumerevoli locali commerciali, alberghi ed altre strutture (certamente non adibite in modo esclusivo al Culto) che possiede sul nostro territorio. Lo Stato Italiano deve farsi carico dei restauri delle migliaia e migliaia di Chiese cadenti sparse per la penisola, non tutte di interesse storico od artistico, ma su queste Chiese il Vaticano non paga nemmeno l’ICI.
Se questa è la gente da cui noi miscredenti dobbiamo accettare lezioni di morale…
La punta dell’Iceberg
Un miliardo di euro (1936 miliardi di lire e spiccioli) è una cifra colossale. Rappresenta più o meno quello che sarebbe necessario spendere ogni anno per portare la nostra Università e la Ricerca Italiana allo stesso livello delle Università americane e dei loro centri di ricerca. Un miliardo di euro l’anno fa la differenza tra stare a pieno diritto nel primo mondo e scivolare velocemente nel terzo.
Ma un miliardo di euro è solo un quarto dei circa quattro miliardi di euro che la Chiesa Cattolica costa allo Stato Italiano ogni anno.
Gli studi su questo tema ormai abbondano. A quelli, ormai storici, dell’UAAR si sono recentemente aggiunti diversi articoli di Curzio Maltese su Repubblica. Potete leggerli seguendo questi link:
Scheda sull’otto per milleQuanto «costa» allo Stato il finanziamento della Chiesa cattolicaPrivilegi economici e fiscali della Chiesa cattolicaCurzio Maltese sulle Finanze della ChiesaCurzio Maltese sul costo dell’Ora di ReligioneUn Video di Curzio Maltese sui soldi dei Vescovi
In Italia siamo abituati a non fare caso all’elefante che si aggira in salotto ma sta diventando sempre più difficile mantenere in auge questa pratica in un mondo multinazionale, multietnico e multiconfessionale come il nostro.
Quattro miliardi l’anno sono un quarto od un quinto della finanziaria. Corrispondono più o meno ai soldi che il nostro stato non riesce a trovare per assicurare ai giovani un salario di disoccupazione od a quelli che il nostro stato non riesce a trovare per garantire ai nostri anziani una pensione dignitosa. Quattro miliardi l’anno fanno la differenza tra il welfare, quello vero, quello “alla Svedese”, e le mense dei poveri.
L’otto per cento
Come vengano spesi questi quattro miliardi di euro, non è dato sapere. Si sa qualcosa solo di ciò che avviene al circa un miliardo di euro che gli italiani decidono di donare (non tutti di propria volontà) alla Chiesa Cattolica attraverso il meccanismo dell’0tto per Mille. Di questi soldi, solo l’8 percento viene utilizzato per azioni di Carità. Il resto viene utilizzato per mantenere i Sacerdoti e per mantenere in piedi la faraonica struttura burocratica e “di culto” della Chiesa Cattolica. L’otto per cento di un miliardo di euro sono 80 milioni. Questi 80 milioni sono i soldi che la Chiesa Cattolica distribuisce ai poveri. I restanti 920 milioni di euro servono per mantenere in piedi la struttura ecclesiastica. Per confronto, il tanto vituperato Stato Italiano spende circa 900 milioni di euro all’anno solo per pagare gli insegnanti di religione nelle nostre scuole (insegnanti che vengono nominati dalla Curia e rispondono solo ad essa).
Una questione di soldi
La religione è anche (o soprattutto) una questione di soldi. Non lo è per noi. L’UAAR non prende un soldo dallo Stato e non ambisce a prenderne. Lo è per la Chiesa Cattolica. Quattro miliardi l’anno di fatturato fanno della Chiesa Cattolica una potenza economica di cui si è costretti a tenere conto. Negli anni passati, una parte considerevole di questi soldi sono stati amministrati da persone di moralità decisamente sospetta, come Paul Marcinkus. Secondo la Magistratura Italiana, ci sono fondate ragioni di pensare che una parte di questi soldi siano stati utilizzati per influenzare diversi governi italiani tra gli anni ‘70 ed ‘80. Per colmo dell’ironia, una parte delle tasse pagate in Italia da atei e agnostici della sinistra è stata passata dallo Stato alla Chiesa Cattolica che li ha usati per contrastare l’ascesa della sinistra nella politica nazionale e nella società civile. Si sospetta anche che una parte considerevole di questi soldi sia stata usata da Wojtyla per finanziare Solidarnosc in Polonia, portando al crollo del regime comunista in quel paese. Come sempre avviene, il potere economico è stato trasformato, in tutte queste occasioni, in potere politico.
Se si vuole evitare di scivolare lentamente in una teocrazia cattolica, non meno odiosa di qualunque teocrazia islamica, è necessario sottrarre alla Chiesa cattolica il suo principale strumento di influenza politica: i soldi.
Alessandro Bottoni
alessandro.bottoni@infinito.it
alessandrobottoni@interfree.it

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